Et unum hominem, et plures in infinitum, quod quis velit, heredes facere licet - wolno uczynić spadkobiercą i jednego człowieka, i wielu, bez ograniczeń, ilu kto chce.

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comparava la vista con altre specie di mezzi per cono-
scere, come con l udito, con la cogitazione, con l in-
telletto: ma facea comparazione tra questo fine de la
vista che è il sapere, et altro fine, che la medesima si
possa proponere. Però se non ti rincresce d andar sin
a i campi Elisii a raggionar con lui (se pur non ha indi
fatta partenza per altra vita, e bevuto de l onde di Le-
te), vedrai che lui farà questa chiosa:  Noi desiderano
la vista massime per questo fine di sapere ; e non
quell altra:  Noi desiderano tra gli altri sensi massime
la vista per sapere ».
saulino È maraviglia, o Sofia, che la Fortuna sappia
discorrere meglio, e meglio intender gli testi, che Mi-
nerva la quale è soprastante a queste intelligenze.
sofia Non ti maravigliare: per che quando profonda-
mente considerarai, e quando pratticarai e conversa-
rai ben bene, trovarai che li graduati dèi de le scienze
e de le eloquenze e de gli giudizii, non sono più giudi-
ziosi, più savi e più eloquenti de gli altri. Or per se-
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Letteratura italiana Einaudi
Giordano Bruno - Spaccio de la bestia trionfante
guitare il proposito della causa sua, che faceva la For-
tuna nel senato, disse parlando a tutti: «Niente, nien-
te, o Dei, mi toglie la cecità, niente che vaglia, niente
che faccia alla perfezzione de l esser mio; perciò che
s io non fusse cieca, non sarei Fortuna, e tanto manca
che per questa cecità possiate disminuire o attenuar la
gloria di miei meriti, che da questa medesima prendo
argomento della grandezza et eccellenza di quelli: at-
teso che da quella verrò a convincere ch io sono meno
astratta da gli atti della considerazione, e non posso
esser ingiusta nelle distribuzioni»; disse Mercurio e
Minerva: «Non arrai fatto poco quando arrai dimo-
strato questo»; e soggionse la Fortuna: «Alla mia giu-
stizia conviene essere tale: alla vera giustizia non con-
viene, non quadra, anzi ripugna et oltraggia l opra de
gli occhi. Gli occhi son fatti per distinguere e cono-
scere le differenze (non voglio per ora mostrar quanto
sovente per la vista sono ingannati quei che giudica-
no); io sono una giustizia che non ho da distinguere,
non ho da far differenze; ma come tutti sono princi-
palmente, realmente e finalmente uno ente, una cosa
medesima (perché lo ente, uno e vero son medesimo),
cossì ho da ponere tutti in certa equalità, stimar pari-
mente, aver ogni cosa per uno, e non esser più pronta
a riguardare, a chiamar uno che un altro: e non più
disposta a donar ad uno che ad un altro, et essere più
inclinata al prossimo che al lontano. Non veggio mi-
tre, toghe, corone, arti, ingegni; non scorgo meriti e
demeriti: perché se pur quelli si trovano, non son co-
sa da natura altra et altra in questo et in quello; ma
certissimamente per circonstanze et occasione o acci-
dente che s offre, si rancontra, e scorre in questo o in
quello: e però quando dono, non vedo a chi dono;
quando toglio, non vedo a chi toglio: acciò che in
questo modo io vegna a trattar tutti equalmente, e
senza differenza alcuna. E con questo certamente io
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Letteratura italiana Einaudi
Giordano Bruno - Spaccio de la bestia trionfante
vegno ad intendere e fare tutte le cose equali e giuste:
e giusta et equalmente dispenso a tutti. Tutti metto
dentro d un urna, e nel ventre capacissimo di quella
tutti confondo, inbroglio et exagito: e poi zara a chi
tocca; e chi l ha buona ben per lui, e chi l ha mala mal
per lui. In questo modo dentro l urna de la Fortuna
non è differente il più grande dal più picciolo; anzi là
tutti sono equalmente grandi et equalmente piccioli,
per che in essi s intende differenza da altri che da me:
cioè prima che entrino ne l urna, e dopo che esceno
da l urna. Mentre son dentro, tutti vegnono dalla me-
desima mano, nel medesimo vase, con medesima
scossa isvoltati. Però quando poi si prendeno le sorti,
non è raggionevole che colui a chi tocca mala riuscita,
si lamente o di chi tiene l urna, o de l urna, o de la
scossa, o di chi mette la mano a l urna; ma deve con la
meglior e maggior pazienza ch ei puote, comportar
quel ch ha disposto e come ha disposto, o è disposto
il Fato: atteso che quanto al rimanente, lui è stato
equalmente scritto, la sua schedula era uguale a quel-
la de tutti gli altri, è stato parimente annumerato,
messo dentro, scrollato. Io dumque che tratto tutto il
mondo equalmente, e tutto ho per una massa, di cui
nessuna parte stimo più degna et indegna de l altra
per esser vase d opprobrio; io che getto tutti nella me-
desima urna della mutazione e moto, sono equale a
tutti, tutti equalmente remiro, o non remiro alcuno
particolare più che l altro, vegno ad esser giustissima
ancor ch a tutti voi il contrario appaia. Or che a la
mano che s intrude a l urna, prende e cava le sorti per
chi tocca il male, e per chi tocca il bene, occorra gran
numero d indegni, e raro occorrano meritevoli: que-
sto procede dalla inequalità, iniquità et ingiustizia di
voi altri, che non fate tutti equali, e che avete gli occhi
delle comparazioni, distinzioni, imparitadi et ordini,
con gli quali apprendete e fate differenze. Da voi, da
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Giordano Bruno - Spaccio de la bestia trionfante
voi dico proviene ogni inequalità, ogni iniquitade:
perché la dea Bontade non equalmente si dona a tutti;
la Sapienza non si communica a tutti con medesima
misura; la Temperanza si trova in pochi, a rarissimi si
mostra la Veritade. Cossì voi altri numi buoni siete
scarsi, siete parzialissimi, facendo le distantissime dif-
ferenze, le smisuratissime inequalitadi, e le confusissi-
me sproporzioni nelle cose particolari. Non sono, non
son io iniqua, che senza differenza guardo tutti, et a
cui tutti sono come d un colore, come d un merito,
come d una sorte. Per voi aviene che quando la mia
mano cava le sorti, occorrano più frequentemente,
non solo al male, ma ancora al bene, non solo a
gl infortunii, ma ancora a le fortune, più per l ordina-
rio gli scelerati che gli buoni, più gl insipidi che gli sa-
pienti, più gli falsi che gli veraci. Perché questo? per-
ché? Viene la Prudenza e getta ne l urna non più che
doi o tre nomi; viene la Sofia e non ve ne mette più
che quattro o cinque; viene la Verità e non ve ne la-
scia più che uno, e meno se meno si potesse: e poi di
cento millenarii che son versati ne l urna, volete che
alla sortilega mano più presto occorra uno di questi
otto o nove, che di otto o novecento mila. Or fate voi
il contrario: fà dico tu Virtù che gli virtuosi sieno più
che gli viziosi, fà tu Sapienza che il numero de savii
sia più grande che quello de stolti, fà tu Verità che ve-
gni aperta e manifesta a la più gran parte; e certo cer-
to, a gli ordinarii premii e casi incontreranno più de le
vostre genti che de gli loro oppositi; fate che sieno
tutti giusti, veraci, savii e buoni: e certo certo non sarà
mai grado o dignità ch io dispense, che possa toccare
a buggiardi, a iniqui, a pazzi. Non son dumque più
ingiusta io che tratto e muovo tutti equalmente, che
voi altri che non fate tutti equali. Talché quando avie-
ne che un poltrone o forfante monta ad esser principe
o ricco, non è per mia colpa: ma per iniquità di voi al-
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    Fallite fallentes - okłamujcie kłamiących. Owidiusz
    Diligentia comparat divitias - pilność zestawia bogactwa. Cyceron
    Daj mi właściwe słowo i odpowiedni akcent, a poruszę świat. Joseph Conrad
    I brak precedensu jest precedensem. Stanisław Jerzy Lec (pierw. de Tusch - Letz, 1909-1966)
    Ex ante - z przed; zanim; oparte na wcześniejszych założeniach.